SIAMO AFFAMATI
SIAMO ARRABBIATI

La domanda più angosciante che ormai siamo costretti a porci ogni giorno è: quale è il mio lavoro? Quale è il compito che come professionista sono chiamato a svolgere?
Ci hanno spiegato che non vale la pena che ci occupiamo dei farmaci, tanto non valgono più niente e poi quello che conta davvero è il colore della scatoletta: in  questo il più sprovveduto dei clienti è sicuramente più ferrato di noi e la sua volontà è legge.
Abbiamo creato farmacie bellissime, costosissime, sofisticate SPA con annesso centro analisi perché ci hanno spiegato che il futuro è la “farmacia dei servizi”: il ricco cliente entra, affascinato da tanto lusso e abbondanza,  prima si fa un check-up completo e poi si rimette a nuovo con massaggi e lunghe e costose sedute nelle super tecnologiche cabine estetiche. Infine, così rigenerato e rinfrancato, passeggiando estasiato fra ricchissimi assortimenti di integratori e cosmetici riempie cestini di prodotti che pagherà alla cassa senza fare una piega.
E se questo da noi non avviene, se guardiamo invidiosi i nostri colleghi più abili e lungimiranti la colpa è solo nostra: che cosa aspettiamo ad imitarli? Ad allargarci? Ad investire in qualcosa di nuovo, moderno, finalmente al passo con i tempi?
Il punto è che siamo farmacisti e questo vorremmo fare.
La tragedia è che i ricchi clienti sono sempre più rari. In compenso sono sempre di più gli ammalati, gli anziani, le persone che non hanno mezzi, ma molti problemi di salute.
E noi non sappiamo cosa fare: ci guardiamo intorno smarriti, confusi da oscure sollecitazioni a cambiare, in bilico fra la poca voglia di darsi da fare e le difficoltà a pagare tratte e stipendi. Sommersi da fumose promesse, nebulosi quanto costosi progetti dispersi se non abortiti prima di nascere, viviamo un atroce sospetto: che in realtà la cosa migliore sia non fare assolutamente niente, aspettare, confidare in una sorte benigna che, alla fine, ci riporterà agli antichi fasti, perché tutto si aggiusterà, basta avere fede e pazienza, basta stare buoni e zitti e non disturbare nessuno.
Ma noi abbiamo fame “adesso”: ogni mese le spese superano i guadagni e le difficoltà aumentano. Non ci sono realistiche prospettive di miglioramento.
E siamo arrabbiati “ora”: siamo farmacisti e vogliamo fare i farmacisti. E la società ha bisogno di buoni farmacisti.
Ha bisogno di noi.