UNA RAFFICA DI SENTENZE A FAVORE DELLA GALENICA

Nei primi giorni di questa settimana sono state emesse tre sentenze da parte del TAR Lazio ed una dal Consiglio di stato. Tutte riguardano motivi di contenzioso tra farmacisti in proprio o tramite associazioni che li rappresentano e Ministero della salute e l’AIFA.

Una breve cronistoria è però indispensabile. Nel corso del 2015 il Ministero della salute ha emanato ben quattro decreti, che per semplicità indicherò di seguito con una denominazione abbreviata e riportata tra parentesi, tutti contenenti il divieto di prescrizione e di allestimento di formule magistrali a base di varie sostanze:

D.M. 20 maggio 2015 (fenilpropanolamina/norefedrina)

D.M. 27 luglio 2015 (pseudoefedrina)

D.M. 4 agosto 2015 (7 sostanze)

D.M. 2 dicembre 2015 (efedrina)

Il decreto “fenilpropanolamina/norefedrina” contiene il divieto assoluto di prescrizione e di allestimento di preparazioni a base di tale sostanza, qualunque sia la finalità terapeutica. Non è stato impugnato e pertanto tale sostanza rimane vietata e non può essere nemmeno detenuta in farmacia.

Il decreto “pseudoefedrina” vieta in maniera assoluta la prescrizione e l’allestimento di formule magistrali a base della sostanza. Nel preambolo però vi un preciso riferimento, a sostegno del divieto, all’uso a scopo dimagrante, uso che però non è richiamato nel dispositivo contenuto nel breve articolo unico del decreto. Il decreto è stato impugnato di fronte al TAR Lazio (competente per il contenzioso in materia di decreti ministeriali) da due associazioni di farmacisti: l’Associazione Scientifica Farmacisti Italiani (ASFI) e l’Associazione Farmacisti Preparatori (SIFAP).

Poco più di un mese dopo veniva emanato il decreto “7 sostanze” che vieta la prescrizione e l’allestimento, a scopo dimagrante, delle seguenti sostanze: triac, clorazepato, fluoxetina, furosemide, metformina, buproprione, topiramato. Anche avverso questo decreto presentavano ricorso ASFI e SIFAP.

Con decreto 2 dicembre 2015 il Ministero della salute interveniva vietando, sempre solo a scopo dimagrante, la prescrizione e l’allestimento di preparazioni magistrali contenenti la sostanza efedrina. Anche questo decreto veniva impugnato non solo da ASFI e SIFAP ma anche, con un ricorso autonomo, dalla Galenic Scientific Association (un’associazione prevalentemente di medici) e altri.

I ricorsi sono stati tutti discussi il 2 dicembre 2016 ed in questi giorni sono state pubblicate le sentenze con le quali i decreti “pseudoefedrina” e “efedrina” sono stati annullati. Manca ancora però la sentenza sul ricorso contro il decreto “7 sostanze”.

Tra le motivazioni che il Giudice del TAR Lazio ha usato, a sostegno dell’accoglimento dei ricorsi, vi è quella che, di fatto, considera che il richiamo al principio di precauzione da parte del Ministero della salute sia stato eccessivo in quanto i presupposti alla base del divieto sono solo ipotetici e quindi il divieto è stato basato solo su supposizioni nemmeno desumibili con certezza dalle schede di farmacovigilanza depositate.

Con il decreto 22 dicembre 2016 il Ministero, probabilmente presumendo l’esito dei ricorsi, ha emanato un altro provvedimento, dalla cui complessità e genericità di alcune disposizioni si può trarre una valutazione ancor più negativa di quella sui decreti ora annullati. Nonostante ciò il D.M. 22 dicembre 2016 (in vigore dal 2 gennaio 2017, giorno della sua pubblicazione sulla G.U. n. 1/17) contiene all’art. 2 una vera e propria “norma in bianco” laddove dispone il divieto ai medici di prescrivere e ai farmacisti di allestire, “principi attivi finora noti per essere impiegati nelle preparazioni galeniche a scopo dimagrante, per i quali non esistono studi e lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale che ne dimostrino la sicurezza in associazione”. Quali sono i principi attivi “finora noti” per essere usati a scopo dimagrante? Tornando al decreto, vengono vietate una quarantina di sostanze tra le quali compaiono il finocchio estratto secco, la bromelina, il boldo, l’aloe ecc. che sono presenti in moltissimi integratori alimentari notificati e che, inoltre, possono essere allestite liberamente in farmacia, quali preparazioni salutistiche in quanto inserite nella cosiddetta lista “Belfrit”.

La discussione si aprirà in un tavolo tecnico che il Ministero, su richiesta della FOFI e di numerose sigle compresa l’ASFI, ha dichiarato di volere istituire in tempi brevissimi. Se però non emergeranno validi elementi circa l’intenzione del Ministero della salute di rivedere il decreto, il ricorso di nuovo al Giudice amministrativo sarà inevitabile.

Infine una buona notizia per la professione. Il Consiglio di stato (secondo ed ultimo grado del processo amministrativo) ha riformato la sentenza del TAR Lazio che aveva respinto il ricorso di un titolare di farmacia che lamentava il contenuto discriminatorio verso le farmacie territoriali rispetto a quelle ospedaliere. La vertenza era sorta dopo che l’AIFA aveva modificato una sua precedente determina stabilendo che la ripartizione del medicinale Avastin, riconosciuto idoneo nella terapia della maculopatia oculare, potesse essere effettuata solo nelle farmacie ospedaliere dotate di idonea attrezzatura per garantire la sterilità del processo. La questione si inserisce in una vicenda che ha visto confrontarsi aziende farmaceutiche e AIFA circa la possibilità di utilizzo di questo medicinale in luogo del LUCENTIS molto più costoso. Il principio attivo, per quanto strutturalmente leggermente diverso, era stato comunque ritenuto terapeuticamente equivalente.

Il giudice amministrativo di primo grado (TAR Lazio) aveva accolto le osservazioni dell’Agenzia del farmaco, giudicate poi dal Consiglio di stato, inconsistenti. Il motivo di fondo dell’impugnazione anche in secondo grado tendeva a equiparare giustamente la farmacia ospedaliera a quella territoriale essendo, entrambe, soggette alle medesime norme in materia di attività galenica. In buona sostanza il Giudice del Consiglio di stato ritiene che l’attività svolta dal farmacista ricorrente è pienamente dotata della “pari professionalità” con quello ospedaliero e – più avanti – afferma che, riferendosi alla cosiddetta “legge Di Bella”, “la norma, quindi, non vieta il frazionamento del farmaco industriale, ma anzi lo consente espressamente”. E questo con buona pace di quanti, ancora oggi, sostengono che, anche di fronte a validi motivi o prescrizioni del medico, il farmacista non possa sconfezionare medicinali industriali per la modifica, generalmente riduzione, dei dosaggi.