LE FARMACIE “BORDER LINE” NEI COMUNI CONFINANTI

Come avevo annunciato la scorsa settimana, in questa “pillola” farò alcune considerazioni su di un fenomeno che sta creando non poche perplessità e che trae origine dalle previsioni del “decreto Monti” (D.L. 1/12 conv. in legge 27/12).

Riporto quanto prevede la legge circa l’individuazione delle nuove sedi, una sorta di pianta organica “montiana”.

Ogni comune deve avere un numero di farmacie in rapporto a quanto disposto dall’articolo 1. Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare (un’equa distribuzione sul territorio), tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico (anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate).

Nello scrivere questo passaggio, il legislatore non ha tenuto conto di un aspetto: quello che una farmacia può sostenersi solo quando può contare su di un reddito sufficiente. Lo spirito che ha animato il legislatore è stato invece basato sulla convinzione che bastava alzare l’insegna “FARMACIA” per avere la garanzia di un reddito anche in grado di sostenere più famiglie (vedi concorso in forma associata). Non so se questa convinzione derivasse da cattiva informazione o dalla volontà di danneggiare la categoria dei titolari di farmacia. Impoverendo i più grossi mentre si illudevano i partecipanti al concorso straordinario.

Venendo al “dunque”, le due previsioni di legge (tra parentesi ed in grassetto) non sembrano conciliabili con la sostenibilità economica della farmacia. “Un’equa distribuzione sul territorio” avrebbe dovuto imporre la tenuta in conto della popolazione residente nelle singole zone mentre la seconda (aree scarsamente abitate) sembra quasi un invito a relegare le nuove sedi nelle zone più periferiche del comune, violando quindi la prima previsione.

Nei fatti sta avvenendo un – prevedibile – fenomeno soprattutto in occasione degli interpelli del concorso straordinario successivi al primo. Al primo infatti si sono piazzati i candidati meglio posizionati nella graduatoria che, quindi, hanno potuto scegliere le sedi più appetibili. Tutte le sedi rimanenti da assegnare con gli interpelli successivi e che sono state scherzosamente definite “le farmacie nel deserto”, si trovano in zone comunali “scarsamente abitate” quasi per rispettare alla lettera la previsione normativa.

Sta di fatto che si verifica la circostanza in base alla quale paradossalmente due sedi, di due diversi comuni confinanti e separati da una via, potrebbero aprire l’una davanti all’altra, ad una distanza pertanto pari all’ampiezza della strada che separa i comuni. Tale situazione è formalmente legittima in quanto le sedi sono state istituite col criterio demografico e così la distanza minima di 200 metri non è applicabile in quanto relativa solo alle farmacie del medesimo comune.

Non a caso infatti il legislatore del 1991 (legge 362/91), nel portare a 3000 metri la distanza che le sedi istituite col criterio di cui all’art. 104 TULS (cioè quelle aperte in deroga al principio della popolazione), dispose che osservassero tale distanza dalle farmacie esistenti “anche se ubicate in comuni diversi”.

Purtroppo il legislatore del 2012, frettoloso e rancoroso verso il sistema farmaceutico esistente, non ha avuto dei consiglieri saggi che, facilmente, avrebbero potuto suggerirgli che si aprissero pure farmacie nelle zone scarsamente abitate (sempre se sostenibili economicamente) ma rispettando una distanza minima da quelle dei comuni confinanti. In caso contrario, come sta avvenendo, le situazioni qui descritte porteranno a contenziosi infiniti, ad aperture e chiusure, a istanze di modifica del territorio delle sedi, ovviamente a scapito (ma ciò è scontato fin dalla diminuzione del quorum) delle sedi poste nei centri dei singoli comuni. A tale problematica si somma la difficoltà a reperire locali, non solo idonei dal punti di vista urbanistico ed edilizio ma in posizioni commercialmente idonee.

Una proposta è doverosa mentre i giochi relativi al ddl concorrenza sono ancora aperti: introdurre una distanza minima anche tra le sedi dei comuni confinanti. Se il legislatore sarà sensibile a questa richiesta farà un buon servizio al sistema farmaceutico italiano.

26 maggio 2017